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| il progetto | |
| Balistreri | Bentivegna | Martoglio | Piccolo | Puglisi | |
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Nino Martoglio/la pubblicazione
dal quaderno Il battagliero, polemico, irriverente giornale (D’Artagnan n.d.r.) raggiunge presto grande notorietà con le vivaci e variegate notizie, fra il serio e il faceto, di politica municipalistica, letteratura, teatro, mondanità, con i bozzetti, gli elzeviri, le poesie, con le saporite scene di vita popolare in dialetto che confluiranno in parte nelle opere poetiche e teatrali di Martoglio. Fra i collaboratori del «D’Artagnan», accanto a Trilussa, Di Giacomo, Pascarella, Fucini, Russo, figurano soprattutto scrittori locali: Pippo Marchese, Diego De Roberto, Alessio Di Giovanni, Giovanni Formisano, Ernesto Macrì, Agatino Perrotta, Vincenzo Finocchiaro, Giulio Capra Boscarini, Francesco Romeo Corsaro, Rosario Platania, Francesco Trassari e numerosi altri. «La Catania barocca, monarchica e repubblicana, intrepida e pantofolaia, esuberante, vociante, con De Felice vulcanico in piazza Duomo e Di Sangiuliano signore in piazza degli Studi, era il teatro in cui Martoglio viveva con entusiasmo la sua parte di poeta, di innamorato, di burlatore, di schermidore», annota Giuseppe Patanè. Un teatro che – ampliando quello intitolato a Machiavelli di Giovanni Grasso, sito all’angolo di piazza degli Studi e il pittoresco quartiere della Civita, nel cuore della Catania storica di Gian Battista Vaccarini, assiduamente frequentati – lo vede protagonista non soltanto di battaglie giornalistiche e di una ventina di duelli ma pure di Kermesse politiche, allorché, dopo due insuccessi nelle competizioni amministrative di fine secolo, nel 1902 è eletto consigliere comunale nella lista dei «partiti popolari». Sarà un’esperienza di non lunga durata. da Il giornalista ...................................... La vena poetica martogliana non si estenua nell’oleografica rap¬presentazione dei «mafiusi di cità e di campagna». Con tratti ra¬pidi ed essenziali, con un felice bozzettismo alimentato dalla lezione verghiana, Martoglio individua le ragioni storico-culturali profonde della guapperia, motivo lirico di tanta produzione di Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo ai quali si ricollega per l’affinità dei temi, la volontà di denuncia, la strutturazione drammatica dei versi: secoli di fame e soprusi, degrado ambien¬tale e morale, virile baldanza. da Il poeta ...................................... Ricco di temi e di motivi, pregno di colore, fortemente vitalistico, il teatro di Martoglio, sorretto da complessi registri linguistici e da una interna ricchezza intradialettale, raggiunge gli esiti più felici quando rappresenta gli aspetti peculiari e autentici della sua terra mediante personaggi che celano le intime ferite dietro una maschera ironica, canzonatoria: «civitoti» chiassosi (I civitoti in pretura, ’U contra), poveri ingegnosi e ciurmatori (’U riffanti), ingenui o scaltri scampoli d’umanità bonaria (L’arte di Giufà, Capitan Seniu, Voculanzicula), ilari e bizzarre figure (l’epicamente buffo mastru Austinu Miciaciu di San Giuvanni Decullatu, o il grottescamente spregiudicato don Cola Dusciu di L’aria del continente), aristocratici e politici decaduti e spiantati (Il marchese di Ruvolito, Sua Eccellenza), creature sordamente disperate (Taddarita). Un microcosmo volutamente semplice ed elementare, popolato di archetipi collettivi, buoni e cattivi, furbi e sciocchi, dove signorotti squattrinati e popolani trafurelli vivono di espedienti per sbarcare il lunario, dispensando agli ingenui e agli illusi gli uni titoli nobiliari e radici illustri, gli altri consigli legali e numeri del lotto. Macchiette e caratteri, anticipati nei dialoghi popolari sparsi sul «D’Artagnan», che risultano esilaranti anche per gli svarioni linguistici, i gustosi qui pro quo, le deformazioni lessicali, le distorsioni, le interferenze del dialetto con la lingua, gli arrotondamenti, gli ipercorrettismi, spie di un segreto desiderio di promozione sociale o grottesche credenziali di una male acquisita acculturazione. Dai bassifondi della città, dai cortili, dalle bottegucce, dagli interni piccolo-borghesi Martoglio trae la benevola, ma non per questo eludibile testimonianza di una condizione di emarginazione, di sopraffazione culturale, di ingiustizia sociale, compensata talora da una più genuina sanità morale. da Il commediografo ...................................... Particolarmente nel caso di Sperduti nel buio, film ormai mitico, che costituisce l’antesignano del neorealismo, di cui va sottolineata l’importanza per la straordinaria cura del dettaglio, per il naturalismo delle immagini, per il linguaggio cinematografico che utilizza il montaggio di contrasto e di parallelismo anticipando tecniche che saranno di David Wark Griffith, Vsevolod I. Pudòvkin, Sergej Michajlovic Ejzenštejn, ma pure di Jean Renoir, Marcel Carné, Julien Duvivier. «Un film di rottura. Nuovo nello stile e nei contenuti (…). Non a caso, quindi, la generazione del neorealismo farà di Sperduti nel buio la sua bandiera. Specialmente se per movimento neorealista si intende quel grumo di umori, quella voglia di riscatto dalla finzione di cui si fecero interpreti un maestro come Umberto Barbaro e un autore come Blasetti», scrive Carlo Lizzani. da Il cineasta ^...................................... BIBLIOGRAFIA Tralasciando le numerose cronache e gli articoli sparsi su quotidiani e periodici, indichiamo qui di seguito soltanto la critica in volume
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il documentario |
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