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| il progetto | |
| Balistreri | Bentivegna | Martoglio | Piccolo | Puglisi | |
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Lucio Piccolo Nato a Palermo nel 1901 dalla nobile famiglia dei baroni Piccolo di Calanovella e dei Tasca Filangeri di Cutò, dagli anni Trenta visse insieme alla madre e ai due fratelli, Casimiro e Agata, in una villa appartata sulla piana di Capo d’Orlando. La condizione nobiliare e l’ingente patrimonio fondiario gli consentirono di trascorrere l’intera vita dedicandosi alla lettura e allo studio, in un mondo esclusivamente fatto di libri e di passeggiate nella natura, estraneo a qualsiasi impegno sociale e pratico, e tanto meno politico. Musicista completo, appassionato studioso di filosofia, di matematica, di religioni orientali e di esoterismo, conoscitore del greco e di tutte le lingue europee, nella sua solitudine Lucio Piccolo aveva attraversato la letteratura di ogni epoca e di ogni paese. «Lucio Grammatico», lo chiamava il cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa nelle sue lettere, o «Lucio teologo». Proprio con il futuro autore de Il gattopardo, Lucio metteva alla prova la sua erudizione e esercitava quell’ironia che Leonardo Sciascia gli riconosceva affilatissima, in una sorta di feroce sfida intellettuale, di dotta tenzone in cui lo «stile di lucidissimo ebano» riusciva a farsi «acutissimo». Proprio con il futuro autore de Il gattopardo, Lucio metteva alla prova la sua erudizione e esercitava quell’ironia che Leonardo Sciascia gli riconosceva affilatissima, in una sorta di feroce sfida intellettuale, di dotta tenzone in cui lo «stile di lucidissimo ebano» riusciva a farsi «acutissimo». A cinquant’anni, quell’enorme sapere approdò alla scrittura e nacque un libretto di sole 9 liriche divenuto immediatamente celebre grazie al favore di Montale che volle presentarlo al Convegno letterario di San Pellegrino Terme. Lo stesso anno, il 1956, Mondadori pubblica le liriche nella collana «Lo Specchio» col titolo di Canti barocchi, decretando l’ingresso dello sconosciuto scrittore siciliano sulla scena letteraria italiana. Dopo vennero Gioco a nascondere (Mondadori, 1960), Plumelia (Scheiwiller, 1967) e Le esequie della luna, ospitate per intervento di Pasolini su «Nuovi Argomenti», ed una serie di progetti editoriali con Vanni Scheiwiller che non poterono realizzarsi per la morte improvvisa del poeta nel maggio del 1969 e che solo in parte sono giunti alla stampa postumi. L’improvviso successo ed il desiderio di partecipare alla vita culturale del proprio paese non sottrassero comunque lo scrittore all’isolamento intellettuale e alla vita ritirata nella villa di Capo d’Orlando. È lì che nascono le liriche piccoliane, e da lì muovono le avventure intellettuali e i viaggi metafisici di un io capace di superare le apparenze delle cose per giungere ad un oltre, per via magica o poetica, che è lo stesso. Nella solitudine, quel mondo appartato si popola di fantasie, di ombre, di misteri irrisolti, di epifanie silenziose, e diventa un universo più vasto che si dilata nello spazio e nel tempo. La casa, con la sua trama intricata di corridoi, di scale, di stanze, di passaggi nascosti, si fa spazio interiore; essa diviene una sola cosa con la coscienza del poeta che ne avverte il vibrare delle fibre e il respiro sommesso. In una lettera ad Antonio Pizzuto, Lucio Piccolo confidava: «sono invincibilmente lirico», dichiarandosi incapace di esprimersi nel linguaggio disteso e raziocinante della prosa; il poeta non solo ammetteva all’amico scrittore di non potere tradurre la propria vita interiore in un linguaggio diverso da quello della poesia, ma suggeriva anche la dimensione puramente lirica entro la quale si svolgeva la sua stessa esistenza. |
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il documentario |
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