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| il progetto | |
| Balistreri | Bentivegna | Martoglio | Piccolo | Puglisi | |
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Ignazio Puglisi Per ben cinque generazioni si è tramandata l'arte dell'Opera dei Pupi nella dinastia Puglisi. Furono il nonno di Don Ignazio, anche lui Ignazio, e il padre Giovannino, nato a Enna nel 1860 e morto a Biancavilla nel 1917 a dare inizio alla tradizione di questi validissimi "opranti" . Durante il suo girovagare, Giovannino Puglisi conobbe a Scicli una ragazza appartenente a una nobile famiglia, Deodata Sclafani, e fuggì con lei, poiché i genitori non avrebbero mai dato il consenso al matrimonio con un puparo. Deodata Sclafani fu ripudiata dalla sua famiglia e intraprese con suo marito una nuova vita. Da questo matrimonio nacque un unico figlio, Ignazio (Ragusa, 26/03/1904), che apprese dal padre il mestiere di puparo e prestigiatore, seguendolo fin da piccolo nel suo peregrinare in cerca di pubblico. Ignazio rimase orfano molto presto, a sedici anni si trovò ad affrontare la vita da solo, con quello strano patrimonio lasciatogli dal padre: il teatrino dei pupi. Così cominciò la sua vita di puparo girovago, aiutato nei primi tempi da un cugino che, però emigrò presto in America in cerca di fortuna, e raccogliendo ogni tipo di materiale che riguardasse i Pupi. Pochi anni dopo conobbe la giovane Nunziata Siena (29/11/1902 - Siracusa, 9/10/1970), che fu la sua più grande sostenitrice e con la quale si unì legalmente il 19 agosto 1922 a Carlentini, dopo aver superato l'ostilità del suocero. Ebbero quattro figli: Deodata, Grazia, Luciano Manlio e Giovanni. Ancora una volta il destino sembrò perseguitarlo: Deodata, a seguito di una meningite diventò sordomuta all’età di sette anni, col passare del tempo tuttavia sfruttò le sue capacità diventando una brava sarta e confezionando tutti i vestiti dei pupi; Manlio si ammalò di broncopolmonite e morì all’età di ventuno anni; Grazia emigrò a Torino, insieme al marito, e Giovanni fu l’unico figlio che rimase ad aiutarlo con i pupi. Non potendo sopravvivere soltanto con l’arte dei pupi, nonostante gli spettacoli attirassero ogni volta parecchia gente, Don Ignazio decise di arrotondare il salario lavorando presso un pastificio a Lentini e continuando nel tempo libero, ad esercitare la sua arte di oprante presso un vecchio magazzino che si trovava nel corso principale. Divenne nel frattempo anche un eccellente pastaio, tanto che gli fu proposto di trasferirsi a Sortino per l’apertura di un nuovo pastificio. A Sortino i Puglisi sembrarono mettere finalmente radici, Giovanni si risposò ed ebbe tre figli: Nunzia, Ignazio Manlio e Rosaria. Fu acquistata una casa, in via Specchi 5, che costituì la prima dimora fissa della famiglia; quindi non più girovaghi ma ancorati a una terra, a una realtà sociale e a una comunità di persone che potevano apprezzare l’arte dei pupi, in un teatro stabile. Avendo un lavoro fisso, Don Ignazio cominciò a spostarsi raramente e in paesi vicini non girò più col suo teatrino; ne cambiò invece più volte la sede in paese. Qui Don Ignazio conobbe Ernesto Puzzo, puparo siracusano, e, insieme al figlio Giovanni, ne acquistò nel 1957 tutto l’intero patrimonio del suo teatro: copioni, pupi e testine di ricambio per centomila lire, che pagarono con rate mensili di cinquemila lire. I pupi erano in tutto una trentina fra armati e spogliati. Puglisi andò successivamente in cerca di cartelloni pubblicitari che rappresentassero le scene salienti dello spettacolo. Li acquistò da una vecchietta, a Catania, secondo la venditrice, gli autori di questi cartelloni erano Francesco Vasta e Sebastiano Zappalà, famosi artisti catanesi dell'epoca. Quando per Ignazio Puglisi arrivò l’età della pensione, il vecchio puparo diede di nuovo libero sfogo alla sua passione. Decise di dedicarsi solo al teatro dei pupi, ricominciando a spostarsi insieme alla moglie, e spesso col nipotino Manlio, nei paesini limitrofi. Veniva rappresentato il ciclo della storia dei paladini alla corte di Carlo Magno, e finito quello la compagnia si spostava in un nuovo paese e tutto ricominciava. Secondo la più antica tradizione l'oprante mentre manovrava i pesanti pupi dava voce sia agli eroi che alle eroine e Don Ignazio era superbo nel prestare la sua voce a tutti i personaggi dello spettacolo, senza che fosse mai possibile, per lo spettatore, confondere Orlando con Rinaldo, Carlo con Gano, Erminio dalla stella d'Oro con Gemma della Fiamma e, tra il primo e secondo atto dello spettacolo, intratteneva il pubblico con dei giochi di prestigio che aveva appreso dal padre. Nei ritagli di tempo Don ignazio dipingeva le sue scene su tela con terre e colla di coniglio. Nel 1948 Don Ignazio operò a Melilli, poi a Priolo Gargallo, a Cassaro, a Ferla e ad Avola. Poi torno di nuovo a Sortino al Cine Impero che fu il suo ultimo locale fisso. Nel 1982 concluse la sua lunga e brillante carriera con uno spettacolo a Sortino nella piazza dei Cappuccini. quattro anni dopo, il 1° febbraio 1986, morì. La Compagnia dell’opera dei pupi di Don Ignazio Puglisi è guidata adesso dal nipote, Ignazio Manlio, che ripropone l'antica gloria del Teatro dei Pupi utilizzando fedelissime copie di quelli originali, alte circa mt 1,40 e pesanti oltre i 35 Kg, che si esibiscono sulla base degli antichi manoscritti della Famiglia Puglisi e di nuove elaborazioni liberamente tratte dai poemi dell'Ariosto, del Boiardo, del Pulci e storie rielaborate dalla Bibbia. |
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il documentario |
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