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Lucio Piccolo/la pubblicazione
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puglisi

dal quaderno
Ritratti d’artista - Lucio Piccolo

a cura di Marta Barbaro


con testi di: Fulvio Abbate, Maria Luisa Spaziani,Vincenzo Consolo,
Andrea Cortellessa, Michele A.Purpura, Michela Sacco
e Flora Di Legami


Parlò, e parlò di poesie, che il tipografo gli doveva stampare. E nei silenzi continuava a parlare; gli affiorava alle labbra un respiro intriso di parole smozzicate, sillabe, suoni, bolle d’un suo discorso interno irrefrenabile. Uscì il barone, ed io, incantato, non rispondevo al tipografo che mi chiedeva i soldi dei libri rilegati e che ora aveva tredici dita e il tredicesimo già gli fioriva, storto, sopra il dorso della terza mano. Questo fu verso la fine del ’53: era morto Stalin, i Rosemberg erano stati assassinati, le acque avevano sommerso la Calabria, in Sicilia la Madonna piangeva al capezzale dell’operaio e per un soffio, alle elezioni, la legge del Poliziotto non scattò. Capii che la nobiltà diversa del barone era la poesia, in lui doppiamente magica. E fastosa sognante maliosa, di preziosa favola, di canto mai sentito.

Nel poeta convivono due anime quella palermitana, spagnola, barocca, delle vecchie chiese, dei conventi, degli oratori, tutta scenografia interna che fa da sfondo alla sua infanzia-adolescenza; e quella messinese, greca, della campagna, della natura, scenografia esterna che fa da sfondo alla sua giovinezza-maturità, ma che egli riduce – è bene dirlo – sempre alla cifra barocca.

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Il mio posto fu per anni su una poltrona davanti al poeta, che sedeva con le spalle alla finestra sempre chiusa, anche d’estate (la luce filtrava fioca nella sala attraverso le liste della persiana). Lì, due, tre volte la settimana si faceva «conversazione», ch’era un lungo monologo di quell’uomo che «aveva letto tous les livres», come scrisse Montale, ch’era un pozzo di conoscenza, di memoria, di sottigliezza, di ironia.

da Il Barone magico di Vincenzo Consolo

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Ricevendo al mio istituto una lettera e un cestino traboccante di profumatissimi mandarini e di mimose, inviato dal barone Lucio Piccolo di Calanovella, capii subito che si trattava di un «invito in villa». Ma sapevo anche che sarei stata un succedaneo come l'astragalo, quel sostituto del caffè in tempo di guerra. Perché il caffè desiderato era Montale, «il Maestro», al quale due o tre volte Lucio Piccolo aveva scritto, «con quella sua bella calligrafia baroccheggiante a svolazzi come i suoi versi».

La villa era un dado bianco, semplice, con doppia rampa o gradinata d'accesso ai saloni. Tutt'intorno alcuni ettari di bosco, giardini e laghetti, e non mancava nemmeno il cimitero dei cani più amati, con le tombe contrassegnate dalle lapidi in marmo recanti le fotografie, i nomi e le date di nascita e di morte «delle creature che impropriamente chiamiamo animali». Gli interni erano di antica classica raffinatezza siciliana, naturalmente, con mobili d'intaglio prezioso e ritratti d'antenati. Nel «letto del Gattopardo», io dormii cinque o sei notti negli anni, ma la prima sera, con quel suo tono di reverente e poi presto affettuosa confidenza, Lucio mi fece uno strano discorso.

da Un invito in villa di Maria Luisa Spaziani

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È stato come penetrare appunto nel cuore di un mistero, un luogo che altrimenti non è possibile immaginare, neppure con la più fervida delle fantasie private. Il custode infatti, memore degli anni trascorsi insieme ai suoi signori, ai baroni, ha fatto sì che ogni dettaglio tornasse, poco importa se letterario o legato al quotidiano, tornasse a splendere. Sono cose che accadono forse solo in Sicilia, dove raramente la nozione di bene comune è rispettata, compresa. E la storia di Lucio Piccolo, e dei suoi fratelli, il barone Casimiro e la sorella Agata Giovanna certamente lo erano, lo sono. Visto che raccontano qualcosa di remoto.

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Avevo letto Plumelia e Canti barocchi, li avevo avuti fra le mani nonostante la difficoltà di trovarne le edizioni, li avevo letti come accade con i libri rari, impossibili da trovare se non nelle librerie antiquarie, oppure sugli scaffali degli amici più grandi. Adesso però mi trovavo nel luogo dove quei libri erano nati.

da Visita furtiva di Fulvio Abbate

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La Spagna è però il mio vero paese. D’altra parte debbo dichiarare con chiarezza che non mi aspetto risultati importanti da questa mia azione sia perché io sono assolutamente un estraneo al momento attuale (potrei dire nella farsa attuale) anche come Siciliano – sia perché non so quali potranno essere gli umori dello Zio verso di me – non certo di indifferenza o peggio – ma una talquale compiacenza di una lirica ed un poeta da lui stesso definito trascendentale rimangono come in una sospesa atmosfera di rarefazione.

Ecco la lirica «Il forno» e le fotografie col cagnolino per «Domus», la lirica non mi sembra delle più difficili, essa appartiene al ciclo magico – rurale; le figure disperate che sorgono dal fumo hanno forse un lontano senso simbolico come del resto tutte quelle che appartengono alla categoria infantile, ossessioni, sogni, ecc- Il «suolo» invocato all’ultimo sarebbe, fra l’altro, la profondità del nostro io, un io universale, dal quale tutto sorge e svanisce. E del mio caro presentatore don Montale? Sono sicuro che pur non rispondendo alle mie suppliche mi serbi tuttavia la sua affettuosa protezione.

da Lettere a Basilio Reale

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Da Poesie e Glose

In specie le similitudini musicali denunciano il carattere sontuosamente metamorfico e segretamente iniziatico della natura così come viene percepita e raffigurata da Piccolo. La stessa partitura dei Canti, connotata da un fitto intreccio di rime, assonanze, allitterazioni, e da un raffinato «collezionismo» metrico, dà la misura della squisita, «irreale» musicalità di questa poesia. Una poesia appartata, misteriosa e raffinatissima: decisamente estranea al suo tempo.

di Andrea Cortellessa su Scirocco

Plumelia, impostata come immagine dipinta e altamente simbolica, suggerisce e in parte cerca di svelare alcuni segnali – variamente interpretabili – che conducono alla percezione di essenze vitali prossime a probabili forme dell’«anima del mondo».

di Michele A. Purpura su Plumelia

Il protagonista, rifugiandosi fin da bambino nell’alto della torre, sogna di godere di particolari privilegi, di esercitare speciali capacità di dominio: controllare il globo terrestre da un polo all’altro. Il suo rifugio gli appare «vedetta / al comando infantile sull’asse / del mondo», luogo incantato da cui dominare il tempo fermandone il rapido fluire e svelare l’enigma del meccanismo che lo regola.

di Michela Sacco su La torre

Ecco un singolare Vicerè, magistralmente delineato ad incipit di racconto, quale «burattinesco» interprete di una vita inconsistente, chiuso nei suoi tic di maniacale cura della propria persona, venirci incontro circondato da una corte tanto reale quanto stravagante, che consente al lettore-spettatore di orientarsi nell’orizzonte magico evocato dall’autore.

di Flora Di Legami su Le esequie della luna

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BIBLIOGRAFIA DELLE OPERE

  • 9 liriche, Stabilimento Tipografico «Progresso», Sant'Agata di Militello s.d. [1954].
  • Canti barocchi e altre liriche, prefazione di Eugenio Montale, Mondadori, Milano, 1956.
  • Gioco a nascondere. Canti barocchi e altre liriche, Mondadori, Milano, 1960; ristampa 1967.
  • Plumelia, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1967; ristampa 1979.
  • L'esequie della luna, in «Nuovi argomenti», 1967, nn. 7-8, pp. 152-169; in «Galleria», 1979, nn.3-4.

Opere pubblicate postume

  • La seta e altre poesie inedite e sparse, a cura di Giovanna Musolino e Giovanni Gaglio, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1984.
  • Il raggio verde e altre poesie inedite, a cura di Giovanna Musolino, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1993.
  • L'esequie della luna e alcune prose inedite, a cura di Giovanna Musolino, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1996.
  • Antologia poetica, introduzione e note a cura di Giuseppe Celona, All’Insegna del Pesce d’Oro, Milano, 1999.
  • Canti barocchi e Gioco a nascondere, con uno scritto di Vincenzo Consolo, Libri Scheiwiller, Milano, 2001.
  • Plumelia, La seta, Il raggio verde e altre poesie, prefazione di Pietro Gibellini, Libri Scheiwiller, Milano, 2001.
  • Antonio Pizzuto, Lucio Piccolo, L' oboe e il clarino : carteggio 1965-1969, a cura di Alessandro Fo e Antonio Pane, Milano, Libri Scheiwiller, 2002.

Traduzioni

  • Five poems, translated by Charles Tomlison, in «Agenda», London, vol. 6, nos. 3-4, Autumn-WInter, 1968.
  • From pure silente to impure dialogue. A survey of postwar italian poetry, antologia a cura di Vittoria Bradshaw, Las Amencas/Cypresses Books, New York, 1971.
  • Collected poems of Lucio Piccolo [Canti barocchi e altre liriche, Gioco a nascondere, Plumelia], translated and edited by Brian Swann and Ruth Feldman, with a foreword by Glauco Camion and an afterword by Eugenio Montale, Princeton University Press, Prinseton, 1972.
  • Tras el paisaje : antología de poesía italiana / Lucio Piccolo ... [et al.] ; presentación y traducción de Guillermo Fernández, Direccion de Difusion Cultural, Departamento Editorial, Mexico, 1984.
  • Vom Rasten leben wir : ausgewählte Gedichte / Lucio Piccolo. Aus dem Ital. von Hans Raimund, Klagenfurt; Celovec : Wieser, 2004.


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